IL LABIRINTO DI LUCE
di Gianfranco Barcella
ISBN 9788867934980
Euro 11,00
Pag. 88

Gianfranco Barcella, nato a Savona nel 1954, già docente di materie letterarie e giornalista, è stato direttore editoriale di periodici. Ha collaborato con giornali e riviste letterarie. Ha pubblicato tra l'altro, opere letterarie a carattere monografico, saggi storici, saggi di critica letteraria, un romanzo giallo e studi di carattere locale. Si è dedicato anche alla poesia. Ultimamente ha rivolto i suoi interessi agli studi giuridici e ha pubblicato un testo scolastico di educazione alla legalità per la scuola Media Superiore.
La concezione della luce come sostanza divina è introdotta nel pensiero occidentale da Platone, il quale paragona la luce all'idea di bene, a quella del sole che fa essere e fa conoscere le cose, illuminandole. I filosofi cristiani, ebraici e misulmani del Medio Evo elaborarono il tema neoplatonico plotiniano della luce come realtà spirituale che irraggia e manifesta la realtà divina senza stabilirne l'essenza. Sant'Agostino interpretando il libro della Genesi e il prologo del vangelo di Giovanni include Cristo come parola di vera luce di conoscenza, di vita e di salvezza.
Va menzionato anche’ De kuce’ di Grossatesta, relativamente alla dottrina della formazione dell'universo nella quale si sostiene che la luce sia dominante nei corpi superiori, mentre negli inferiori, dominai la tenebra.
Io, uomo del mio tempo, non vorrei restare allo stadio degli inferiori ma sono venuto alla luce in un'atmosfera nichilista, ospite inquieto di un mondo dove è difficile trovare una via di salvezza, seguendo rotte perdute in un'atmosfera bigia, con il faro del dubbio. Così mi sono adattato a procedere in un ‘labirinto di luce’ nel quale ogni giorno ho paura di perdermi senza raggiungere l'agognata meta. E' nata così la silloge poetica omonima, tracciata nel solco della linea ligure della poesia che annovera autori quali Sbarbaro, Barile e Montale nella quale si è inserito a pieno titolo anche Quasimodo, almeno per quanto riguarda il suo soggiorno in terra di Liguria L'opera si propone di rivelare quanto sia difficile, per l'uomo contemporaneo, affrontare il viaggio verso l'infinito, appunto verso la luce che va scovata, giorno dopo giorno in un labirinto dove la via d'uscita, pare così difficile da scovare… Non a caso Montale, intitolando la sua prima raccolta “Ossi di seppia” ci ha voluto dire che bisogna accontentarci delle minuzie metafisiche, gli inutili scarti del mare, simbolo dell'illimitato, perché la prospettiva verso l'assoluto porta solamente ‘al male di vivere’. Il labirinto di luce ci invita a rassegnarci alla costrizione dell'ineluttabile limite esistenziale, come a una condanna senza colpa e senza appello alla pur luminosa prigione dell'immanente.

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