Come da dietro a una macchina da presa, Giuseppe Acone narra dei sentimenti, spesso di quelli più reconditi, che muovono l’essere umano. Narra di quelle azioni e di quegli impulsi che la maggior parte di noi ignora o vuole ignorare e che pertanto insistono, perché è ancora inevitabile la loro esistenza, in persone e personaggi ai quali tocca viverli – forse per tutti noi - nelle situazioni descritte.
Con uno sguardo ironico e fanciullesco, tutt’altro che morboso, nei suoi lavori è presente una crudezza che, però, mai esclude una certa compassione.
Nel leggere questi racconti ho assistito a una bella carrellata di primi piani e piani lunghi puntati sull’animo umano e sui suoi picchi e le sue miserie.
(dalla prefazione a cura di Mirna Rivalta)

Stava per chiamare Claudia al telefono; stava aspettando il trascorrere dei due mesi che lo avrebbero condotto al matrimonio; stava cercando di ricordare quanti amici avesse; stava guardando il Sole e stava vedendosi felice; stava guardando al mondo con rispettoso interesse. Arrivò la morte quando sembrava l’ultima delle cose da dovergli accadere.