VOLEVO ESSERE TE
di Annamaria Tagliaretti
ISBN 9788867935420
Euro 17,00
Pag. 422
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Nata in provincia di Pavia, vive dal 1964 a Busto Arsizio.
Nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza, la forte vocazione alla scrittura l’ha spinta a scrivere poesie, racconti e tentativi di romanzi, abbandonati per l’incalzare degli impegni familiari e scolastici.
Laureata in Servizio Sociale e successivamente insegnante di scuola primaria, dopo il pensionamento si è dedicata quasi a tempo pieno ad attività di volontariato con compiti di dirigenza, occupandosi di progetti di solidarietà internazionale in collaborazione con varie ONG e associazioni di settore e altresì del servizio di telefonia e soccorso verso anziani in situazioni di disagio economico, psicologico e relazionale.
Fondatrice e anima del Centro Antiviolenza “Filo Rosa Auser”, oggi punto di riferimento per il territorio della provincia di Varese e dell’area sud della provincia di Milano.
Per turismo e per attività di volontariato ha viaggiato in tutti i continenti: Stati Uniti, Canada, Brasile, Argentina, Perù, Tanzania, Sudafrica, Swaziland, India, Siria, Giordania, Uzbekistan,Thailandia, Giappone, Russia asiatica, Australia, nonché tutta l’area balcanica e quasi tutti i Paesi europei.
Nel 2002 ha pubblicato “A piedi scalzi, sambando la vita”, diario di viaggio alla scoperta del Brasile, stampato presso La Tecnografica, Varese.
Nel 2015 ha pubblicato il romanzo breve “Il treno sta per arrivare”, una storia di violenza domestica, Freeman editrice.
Ha scritto numerosi racconti, alcuni pubblicati in antologia da “Arte del narrare” e da Historica Edizioni; quattro qualificatisi a un concorso organizzato dal Sindacato SPI-CGIL (due al primo posto, due al secondo posto).
Primi anni ’50 del secolo scorso. In un caseggiato popolare di periferia, fra gli specchi luccicanti delle risaie e i filari di pioppi nascono due bambine, Letizia e Gioia. La madre di Letizia muore di parto e la neonata sarà affidata a una balia dal padre, persona schiva e ombrosa, fragile e violenta, ossessionata dalla sconvolgente esperienza vissuta durante la guerra da poco conclusa. Gioia invece una madre ce l’ha: Anita, una giovane donna, vedova di guerra, appena arrivata dal Piemonte, vittima, come migliaia di altri, delle traversie e degli sbandamenti seguiti al conflitto.
Quando Letizia ritorna alla casa paterna, fra le due bambine si stabilisce un’amicizia profonda, quasi simbiotica, nonostante i temperamenti molto diversi: riflessiva, responsabile, sensibile Letizia; impulsiva, irrequieta, istintiva e selvaggia Gioia. Le due bambine, ammirandosi reciprocamente, decidono di “cambiare carattere” all’occorrenza, così che ciascuna di loro possa, volendolo, diventare l’altra.
Per un fatto ignoto ad entrambe, saranno allontanate durante l’infanzia, ignorando l’una la sorte dell’altra. Questo mistero le accompagnerà nel successivo percorso di vita, che sarà differente e segnato, come un fil rouge, dal rimpianto, dalla nostalgia, dai tentativi di ricerca della persona perduta. Condurranno esistenze molto diverse, segnate per entrambe dall’amore e dal lutto, arricchendosi e perdendosi fra gli eventi e gli incontri lungo il loro cammino.
Sullo sfondo la realtà sociale e culturale e i mutamenti della società negli anni fra il 1950 e il 1980 del secolo scorso, tra i quali l’aspirazione al benessere e al riscatto sociale negli anni ‘60, le rivendicazioni operaie del ’68, l’accenno al terrorismo degli anni ’80, le conquiste femminili... La natura stessa sottolinea le vicende narrate: dal paesaggio quieto e immobile della pianura Padana ai boschi dell’Alta Langa piemontese al fascino medioevale della Garfagnana.
Infine, un evento tanto imprevedibile quanto traumatico condurrà alla soluzione del mistero.
Pensò che lei e Gioia non erano uguali, non lo sarebbero state mai, eppure qualcosa le univa e le rendeva simili. Non solo loro due, ma come tutti gli esseri umani sono uniti nel loro cammino di viventi. Perché tutti procedono controvento, con incertezze e confusioni, dubbi e smarrimenti, con pochi momenti di eroismo e molti di paura. Il ricordo, che non le aveva mai abbandonate, era stato rintanato nelle pieghe più profonde e tuttavia non aveva mai smesso di agitarsi inquieto come un fantasma in un vecchio castello abbandonato, a volte ardente come una ferita mai cicatrizzata. E comprese che quell’irrequietezza, quei rimpianti, quella nostalgia avevano trovato infine il loro compimento: perché il passato trova sempre la strada, non ti lascia mai, bussa alla tua porta con un’urgenza che non puoi ignorare. Finché la porta si apre e tu non sai che cosa c’è dall’altra parte, ma oltrepassi la soglia e non esiti ad affrontare l’ignoto.
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